Sembra una barzelletta ma invece potrebbe diventare una incredibile realtà: il Tottenham Hotspur ad Upton Park. Eh si perché la prossima stagione vedrà dei cambiamenti storici in Premier League. Il West Ham United, dopo 112 anni, cambierà casa, non sarà più ad Upton Park ma nel nuovo Olympic Stadium, creato per le Olimpiadi di Londra del 2012 e rimodernato per l'arrivo degli Hammers. Un passaggio che farà storia e che con il quale molti ancora non sono d'accordo.
Accade però che il Tottenham Hotspur abbia in programma, a partire dalla prossima estate, la costruzione del nuovo stadio, che sorgerà praticamente sulle ceneri di White Hart Lane. Insomma, nel giro di qualche mese due stadi storici del calcio inglese, rischiano di sparire per sempre. Ma ecco la novità. Gli Spurs, a quanto pare, avrebbero fatto richiesta alla FA di poter "noleggiare" la attuale casa del West Ham, finché la loro non sarà pronta. Dopo il no secco per Wembley, il club del Nord di Londra si sta guardando in giro e sta cercando di capire quale sia la soluzione migliore. Certo è che, giocare in casa degli acerrimi rivali dell'East Stand londinese sarebbe non solo un brutto gesto ma anche l'ennesimo fatto che potrebbe far sfociare gli incontri tra le due squadre in qualcosa di violento e lontano dallo spirito del football d'oltremanica. Già tra le due tifoserie non corre buon sangue, un accadimento di questo tipo non possiamo immaginare che reazioni possa avere sui tifosi del West Ham.
Non crediamo nemmeno che gli stessi tifosi del Tottenham vogliano uno spostamento di questo tipo, ma a questo punto potrebbero fare le cose per bene ed andare a giocare all'Emirates Stadium, no?
In attesa di una candidatura ufficiale del club (che speriamo che ci ripensi) e di una eventuale risposta della FA, provate solo ad immaginare che il West Ham ed i suoi tifosi, durante la prossima stagione, potrebbero giocare ancora ad Upton Park, ma da ospiti, proprio li dove hanno scritto la loro storia.
Un po' strano no?
martedì 20 ottobre 2015
Non ha 50 centesimi per pagare il pedaggio. E ne prende qualche migliaio a settimana.
E' davvero difficile pensare che possa essere successo ma sabato pomeriggio, dopo la gara contro il Leicester City, il giocatore del Southampton Sadio Manè stava rientrando a casa con la sua umilissima Audi RS5 da circa 60 mila pound. Succede che una volta arrivato al ponte di Itchen, non trova 50 CENTESIMI per pagare il pedaggio ed attraversarlo. La signora dietro di lui, che era ovviamente ignara di chi si trovasse in quella macchina, un po' perché stanca di aspettare, un po' perché ormai la coda era diventata imponente ed un po' per gentilezza, scende dal veicolo e consegna al calciatore la moneta necessaria per attraversare il ponte.
Siamo, ovviamente, o meglio vogliamo sperare, davanti ad una fatalità. Capita spesso di non ritrovarsi senza le monetine giuste per pagare un basso importo. Certo quello che sorprende è che uno come lui, con un guadagno di migliaia di pound a settimana, abbia avuto difficoltà in un'occasione come questa. La sfortuna del caso ed una buona samaritana hanno reso protagonista l'attaccante ghanese dei Saints. La notizia è diventata ovviamente virale (e come non avrebbe potuto) causandogli non poco imbarazzo. La prossima volta siamo sicuri che avrà con se qualche pound di scorta.
Siamo, ovviamente, o meglio vogliamo sperare, davanti ad una fatalità. Capita spesso di non ritrovarsi senza le monetine giuste per pagare un basso importo. Certo quello che sorprende è che uno come lui, con un guadagno di migliaia di pound a settimana, abbia avuto difficoltà in un'occasione come questa. La sfortuna del caso ed una buona samaritana hanno reso protagonista l'attaccante ghanese dei Saints. La notizia è diventata ovviamente virale (e come non avrebbe potuto) causandogli non poco imbarazzo. La prossima volta siamo sicuri che avrà con se qualche pound di scorta.
mercoledì 23 settembre 2015
Cuore, grinta e tanto lavoro, ecco il Super Leicester di Claudio Ranieri
Se questo è l'inizio, non possiamo assicurare che duri, ma questo Leicester City promette una stagione meravigliosa. Lo scetticismo attorno a Claudio Ranieri, da soli 2 mesi nuovo allenatori delle Foxes, sembra essere completamente sparito, anzi! Tifosi e non hanno dovuto ricredersi su di lui e anche se non tutto il merito, una buonissima parte gli va riconosciuta. Il carattere e la voglia di lottare che ha la squadra sono qualcosa di raro. Ma andiamo per ordine ed analizziamo insieme i dati di questo Leicester di marca italiana:
8 partite ufficiali questa stagione. 5 vittorie, 3 pareggi e 0 sconfitte. 18 gol fatti e 11 subiti. 2 turni di Coppa di Lega superati e la bellezza di 12 punti e 4° posto in Premier League. Era davvero difficile, forse impossibile, immaginare che il Leicester si trovasse in questa situazione, anche se la stagione è appena iniziata. A dirla tutta, se consideriamo le amichevoli estive e le ultime gare dello scorso campionato, il Leicester City non perde una partita dal 29 Aprile quando al King Power Stadium il Chelsea si impose per 1-3. Da allora 17 PARTITE, non 2 o 3, ma 17, senza perdere.
Quello che stupisce di questa squadra è la tenacia e la forza di volontà che dimostra. Non mollano mai, nemmeno se il risultato sembra impossibile o proibitorio. E le ultime 3 gare ne sono la testimonianza: in casa contro l'Aston Villa perdevano 0-2 al 72', hanno vinto 3-2, permettendosi di passare gli ultimi 4 minuti di recupero in completa gestione del risultato. Sabato a Stoke quasi la stesa cosa: sotto 2-0 nel giro di 12 minuti risultato ripreso (2-2) e quasi ribaltato nel finale. Ieri sera, nonostante affrontasse un'altra squadra in fortissima in questo momento, ovvero il West Ham di Slaven Bilic, ha portato il match ai supplementari e lo ha portato a casa a 3 dalla fine. Insomma, sembra quasi impossibile vedere il Leicester perdere, almeno nell'immediato. Sabato arriva l'Arsenal, assetato di punti e di risultato. Sarà l'ennesima impresa o la fine della striscia positiva? Staremo a vedere, quello che è certo è che questa squadra ci ha fatto divertire come poche in passato.
domenica 20 settembre 2015
Super Sunday in Premier: Delude ancora il Liverpool. Tempo di saluti per Rodgers?
Ennesima domenica amara per il Liverpool. I Reds non riescono più a vincere e, a dirla tutta, non sembra neanche che ci provino. Una squadra troppo molla, poco concentrata e forse troppo sfiduciata. Dopo la sconfitta ad Anfield contro il West Ham (0-3) e la sconfitta all'Old Trafford contro il Manchester United per 3-1, sono arrivati due pareggi per 1-1 prima giovedì in Europa League contro il Bordeaux e poi oggi con il Norwich che torna a casa con un punticino pesantissimo per la salvezza.
Le critiche a Rodgers sono state pesantissime. I troppi milioni spesi, che non hanno portato a nulla, e un gioco che dopo 3 anni tenta ancora a decollare sta facendo finire la pazienza ai tifosi dei Reds. Dopo l'incredibile annata del 2013-2014, con Suarez, Sturridge e Sterling scatenati, capaci di segnare più di 70 gol in 3 (con il Liverpool che superò quota 100), e dopo quel titolo sfumato nelle ultime giornate, sembra essersi rotto qualcosa nello spogliatoio. Gerrard lo scorso anno, lasciato per l'ennesima volta da solo a gestire un gruppo tutto nuovo ed una tifoseria complicata, seppur fedelissima, ha fatto di tutto per rimettere in piedi la situazione ma le cose non sono andate come molti si sarebbero aspettati. La squadra non riesce a trovare un equilibrio, non sembra assimilare gli schemi. Anche se dopo un po', il dubbio sale: Non riesce o non vuole?
In settimana si era sparsa la voce che i tifosi avessero addirittura promosso una colletta da pagare alla società per mandare via l'allenatore. Se davvero fossimo arrivati a questo punto, sarebbe bene per Brendan Rodgers di assumersi le sue responsabilità e lasciare la guida del Liverpool. 3 anni sono abbastanza per dimostrare qualcosa. Se queste capacità non sono uscite forse è davvero la volta giusta per lui per lasciare. L'organico per fare bene lo ha e crediamo lo abbia sempre avuto, le scuse sono davvero finite. I tifosi del Liverpool non ne possono più ed un'altra stagione rischia di essere buttata. Allora Brendan, che vogliamo fare?
venerdì 11 settembre 2015
Van Gaal spara a zero su Rooney. Cercare di imitare Sir Alex non sta funzionando.
A tanti tifosi dello United, nonostante un anno e mezzo sulla panchina della loro squadra, Louis Van Gaal ancora non è entrato a genio, anzi. Le spese pazze delle due sessioni estive alla guida dei Red Devils che hanno portato, per ora, 0 trofei e diverse delusioni non hanno ancora convinto la platea dell'Old Trafford. Cessioni, anche importanti, a livello di spogliatoio (vedi Van Persie) e spese al limite del ridicolo (vedi i 50 milioni di euro per Martial). L'unico obiettivo centrato dal tecnico, per ora, è la qualificazione in Champions grazie ai preliminari.
La nostra personale impressione è che dopo l'impero di Sir Alex, la cui ombra, inutile negarlo, continua ad aleggiare dalle parti di Manchester, ci voglia qualcuno pronto a sacrificarsi con umiltà e passione. Moyes è stato un flop totale, Van Gaal è arrivato e dall'alto della sua esperienza si è sentito subito padre padrone di uno spogliatoio difficile da gestire, sotto tutti i punti di vista. La pressione, soprattutto, gioca da padrona in questi casi. Insomma dopo le tante uscite di questi mesi, eccone un'altra che ha fatto discutere tantissimo: "Rooney? Quando parla non si capisce nulla. Io parlo articolando bene la grammatica (parliamone ndr) ma lui davvero non è capibile".
Ora, con tutto il rispetto caro Louis, come è possibile che tu, olandese, dici ad un inglese che non sa parlare la propria lingua? Certo l'accento di Rooney è classico del Merseyside, dove tra l'altro è cresciuto, ma vogliamo parlare allora di Gerrard, altra leggenda del calcio inglese, che aveva una parlata del tutto simile? Una polemica che allo United di certo non serviva e che rischia di destabilizzare, per l'ennesima volta, uno spogliatoio che forse il tecnico olandese non sa gestire benissimo. Insomma, non basta la tabellina con i magneti e un foglio di appunti per sembrare seri, bravi e capaci di fare il proprio lavoro. Il segreto, soprattutto in questo tipo di mestiere, si è rivelata spesso l'umiltà nel capire i propri giocatori prima di tutto al livello umano e poi dal punto di vista delle capacità. Creare una dittatura ferrea solo sperando di imitare il predecessore non sembra la strada giusta. Ovviamente finché ci sono i soldi va tutto bene ma tra un po', probabilmente, anche i risultati faranno la loro parte. Ed è a quel punto che la marea di tifosi del Manchester United comincerà a farsi dei quesiti più seri dei semplici dubbi di ora.
Rooney intanto torna dalla pausa delle nazionali come miglior marcatore di sempre dell'Inghilterra e con la consapevolezza di essere il capitano di uno spogliatoio con enormi potenzialità.
La nostra personale impressione è che dopo l'impero di Sir Alex, la cui ombra, inutile negarlo, continua ad aleggiare dalle parti di Manchester, ci voglia qualcuno pronto a sacrificarsi con umiltà e passione. Moyes è stato un flop totale, Van Gaal è arrivato e dall'alto della sua esperienza si è sentito subito padre padrone di uno spogliatoio difficile da gestire, sotto tutti i punti di vista. La pressione, soprattutto, gioca da padrona in questi casi. Insomma dopo le tante uscite di questi mesi, eccone un'altra che ha fatto discutere tantissimo: "Rooney? Quando parla non si capisce nulla. Io parlo articolando bene la grammatica (parliamone ndr) ma lui davvero non è capibile".
Ora, con tutto il rispetto caro Louis, come è possibile che tu, olandese, dici ad un inglese che non sa parlare la propria lingua? Certo l'accento di Rooney è classico del Merseyside, dove tra l'altro è cresciuto, ma vogliamo parlare allora di Gerrard, altra leggenda del calcio inglese, che aveva una parlata del tutto simile? Una polemica che allo United di certo non serviva e che rischia di destabilizzare, per l'ennesima volta, uno spogliatoio che forse il tecnico olandese non sa gestire benissimo. Insomma, non basta la tabellina con i magneti e un foglio di appunti per sembrare seri, bravi e capaci di fare il proprio lavoro. Il segreto, soprattutto in questo tipo di mestiere, si è rivelata spesso l'umiltà nel capire i propri giocatori prima di tutto al livello umano e poi dal punto di vista delle capacità. Creare una dittatura ferrea solo sperando di imitare il predecessore non sembra la strada giusta. Ovviamente finché ci sono i soldi va tutto bene ma tra un po', probabilmente, anche i risultati faranno la loro parte. Ed è a quel punto che la marea di tifosi del Manchester United comincerà a farsi dei quesiti più seri dei semplici dubbi di ora.
Rooney intanto torna dalla pausa delle nazionali come miglior marcatore di sempre dell'Inghilterra e con la consapevolezza di essere il capitano di uno spogliatoio con enormi potenzialità.
mercoledì 9 settembre 2015
Gerrard non tornerà al Liverpool. Per ora...
Steven Gerrard non tornerà. Almeno per il momento. Il presidente della MLS infatti ha smentito qualsiasi voce che aveva parlato di un possibile ritorno in prestito al Liverpool a Gennaio da parte dell'indimenticato Stevie G. Non sarebbe stata la prima volta visto quanto successo in passato con Beckham, Henry e Keane e per questo moltissimi appassionati del football d'oltremanica e molti tifosi del Liverpool, avevano sperato ed acclamato un suo ritorno.
"Non accadrà anche questa volta" ha affermato Don Garber. "In passato avevo storto il naso e mi ero opposto a questi prestiti trimestrali" - continua - "tante volte i tifosi mi chiedevano 'ma com'è possibile essere sotto contratto contemporaneamente con 2 squadre? Che sport sarebbe questo?".
Ed effettivamente, dal punto di vista burocratico, non fa una piega questo ragionamento. I prestiti non esistono per qualche mese o a piacere. Se pensiamo però ai vecchi ritorni in Europa dei grandi campioni del passato non c'è altro da fare se non alzarsi ed applaudire: Beckham con il Milan cambiò completamente le sorti del centrocampo rossonero e fece la differenza praticamente in ogni campo che calcò. Henry poi, si è divertito più di tutti: gol all'esordio ( o meglio al secondo esordio ) con l'Arsenal e poi altri 3 gol in campionato, l'ultimo al 91' della sua ultima partita (sul campo del Sunderland) che diede ai Gunners i 3 punti. Come voler dire: io riparto, vi lascio ancora, ma sappiate che ho dato tutto.
Insomma non possiamo dire che l'eventuale ritorno di Gerrard sia un fallimento in partenza, anzi. Lui non si è ancora espresso a riguardo, quindi per ora le parole dello Chief Executive della MLS, rimangolo tali. Certo per molti di noi sarebbe l'ennesimo campione in un campionato che già di per se è il più bello del mondo. Sfortunatamente le decisioni non le prendiamo noi, ma qualche mese per sperare ce l'abbiamo ancora.
"Non accadrà anche questa volta" ha affermato Don Garber. "In passato avevo storto il naso e mi ero opposto a questi prestiti trimestrali" - continua - "tante volte i tifosi mi chiedevano 'ma com'è possibile essere sotto contratto contemporaneamente con 2 squadre? Che sport sarebbe questo?".
Ed effettivamente, dal punto di vista burocratico, non fa una piega questo ragionamento. I prestiti non esistono per qualche mese o a piacere. Se pensiamo però ai vecchi ritorni in Europa dei grandi campioni del passato non c'è altro da fare se non alzarsi ed applaudire: Beckham con il Milan cambiò completamente le sorti del centrocampo rossonero e fece la differenza praticamente in ogni campo che calcò. Henry poi, si è divertito più di tutti: gol all'esordio ( o meglio al secondo esordio ) con l'Arsenal e poi altri 3 gol in campionato, l'ultimo al 91' della sua ultima partita (sul campo del Sunderland) che diede ai Gunners i 3 punti. Come voler dire: io riparto, vi lascio ancora, ma sappiate che ho dato tutto.
Insomma non possiamo dire che l'eventuale ritorno di Gerrard sia un fallimento in partenza, anzi. Lui non si è ancora espresso a riguardo, quindi per ora le parole dello Chief Executive della MLS, rimangolo tali. Certo per molti di noi sarebbe l'ennesimo campione in un campionato che già di per se è il più bello del mondo. Sfortunatamente le decisioni non le prendiamo noi, ma qualche mese per sperare ce l'abbiamo ancora.
sabato 5 settembre 2015
Anthony Martial e la sua passione: la famiglia.
Diciamocelo, dopo 36 milioni di sterline spese per un diciannovenne francese ci sembrava più che obbligatorio cercare di capire con chi abbiamo a che fare e soprattutto chi è quello che punta ad essere uno dei teenagers più sorprendenti, oltre che più pagato, della storia.
Anthony Martial nasce in un sobborgo di Parigi, non lontano dal centro, nella periferia Sud. Cresce classicisticamente nel CO Les Ulis, la squadra che lo lancia, si fa per dire, nel calcio professionistico. Gli osservatori del Lione infatti, dopo mesi di pedinamenti, gli offrono un contratto per poterlo aggregare al loro organico. Nel primo anno fa 21 gol in 32 partite con l'Under 17, viene convocato in Nazionale (sempre Under 17) e partecipa con quest'ultima agli Europei. Insomma, il ragazzino promette bene.
Quell'estate, dopo un europeo brillante, bussa alle porte del Lione il Monaco. Anthony ovviamente sta approcciando al calcio, neanche ha la minima idea di dove sarebbe potuto finire solo 2 anni dopo. E' un ragazzo semplice, abitudinario, che non ama particolarmente la bella vita. I monegaschi offrono 5 milioni di euro per il suo cartellino ed il Lione, che lo ha preso gratis, fa fatica a non accettare. Martial da li scalerà rapidamente le gerarchie all'interno della squadra. Diventa presto titolare e trascinatore. In 2 anni tante, tantissime belle e convincenti prestazioni in campo, con 49 presenze e 11 gol (15 assist).
E' fuori dal campo che però stupisce. E' un ragazzo umilissimo. La veloce scalata nel mondo del calcio e del business non sembra averlo minimamente toccato. Legatissimo alla famiglia ed ai suoi genitori, così come alla fidanzata, Samantha, che lo accompagna dall'età di 15 anni e che ora sta crescendo insieme a lui il loro piccolo. Per due teenagers cambiamenti così veloci, così grandi e così improvvisi possono risultare spesso fatali, soprattutto dal punto di vista comportamentale ma Anthony non sembra averne risentito nel corso degli anni.
"Preferisce cucinare a casa e dilettarsi in qualche piatto, anche se sconosciuto, piuttosto che passare le serate in città al ristorante o partecipando a qualche festa" afferma la fidanzata.
Lo stesso Martial infatti confermerà qualche giorno dopo "Quando finisco gli allenamenti non vedo l'ora di andare a casa e godermi la serata insieme alla mia famiglia. Amo passare il tempo con loro, non sento il bisogno di fare altre cose per dover far notizia".
Un ragazzo acqua e sapone, consapevole di essere il più pagato di sempre (considerata l'età) e con un potenziale enorme soprattutto in vista di quello che lo aspetta: la guida di Loius Van Gaal e l'Old Trafford come banco di prova. Se riuscirà ad ambientarsi siamo sicuri che tutti questi milioni non rimarranno uno dei tanti sprechi del calcio moderno.
Buona fortuna Anthony.
Anthony Martial nasce in un sobborgo di Parigi, non lontano dal centro, nella periferia Sud. Cresce classicisticamente nel CO Les Ulis, la squadra che lo lancia, si fa per dire, nel calcio professionistico. Gli osservatori del Lione infatti, dopo mesi di pedinamenti, gli offrono un contratto per poterlo aggregare al loro organico. Nel primo anno fa 21 gol in 32 partite con l'Under 17, viene convocato in Nazionale (sempre Under 17) e partecipa con quest'ultima agli Europei. Insomma, il ragazzino promette bene.
Quell'estate, dopo un europeo brillante, bussa alle porte del Lione il Monaco. Anthony ovviamente sta approcciando al calcio, neanche ha la minima idea di dove sarebbe potuto finire solo 2 anni dopo. E' un ragazzo semplice, abitudinario, che non ama particolarmente la bella vita. I monegaschi offrono 5 milioni di euro per il suo cartellino ed il Lione, che lo ha preso gratis, fa fatica a non accettare. Martial da li scalerà rapidamente le gerarchie all'interno della squadra. Diventa presto titolare e trascinatore. In 2 anni tante, tantissime belle e convincenti prestazioni in campo, con 49 presenze e 11 gol (15 assist).
E' fuori dal campo che però stupisce. E' un ragazzo umilissimo. La veloce scalata nel mondo del calcio e del business non sembra averlo minimamente toccato. Legatissimo alla famiglia ed ai suoi genitori, così come alla fidanzata, Samantha, che lo accompagna dall'età di 15 anni e che ora sta crescendo insieme a lui il loro piccolo. Per due teenagers cambiamenti così veloci, così grandi e così improvvisi possono risultare spesso fatali, soprattutto dal punto di vista comportamentale ma Anthony non sembra averne risentito nel corso degli anni.
"Preferisce cucinare a casa e dilettarsi in qualche piatto, anche se sconosciuto, piuttosto che passare le serate in città al ristorante o partecipando a qualche festa" afferma la fidanzata.
Lo stesso Martial infatti confermerà qualche giorno dopo "Quando finisco gli allenamenti non vedo l'ora di andare a casa e godermi la serata insieme alla mia famiglia. Amo passare il tempo con loro, non sento il bisogno di fare altre cose per dover far notizia".
Un ragazzo acqua e sapone, consapevole di essere il più pagato di sempre (considerata l'età) e con un potenziale enorme soprattutto in vista di quello che lo aspetta: la guida di Loius Van Gaal e l'Old Trafford come banco di prova. Se riuscirà ad ambientarsi siamo sicuri che tutti questi milioni non rimarranno uno dei tanti sprechi del calcio moderno.
Buona fortuna Anthony.
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